DUE DIVERSE MAGISTRATURE: UN TEMA CHE DIVIDE
Con l’avvocato Simone Labonia, cerchiamo di spiegare in modo accessibile anche ai non addetti ai lavori, il perché dei contrasti in atto, sfociati con la protesta nel giorno di inaugurazione dell’anno giudiziario.
La separazione delle carriere tra magistratura inquirente (pubblici ministeri) e magistratura giudicante (giudici) è un tema caldo del dibattito giuridico e politico italiano. Per comprenderlo, è importante sapere come funziona oggi il sistema e perché si discute di cambiarlo.
Attualmente, in Italia, i magistrati appartengono a un unico ordine. Questo significa che chi inizia la carriera come pubblico ministero può, nel corso della vita professionale, diventare giudice, e viceversa. La scelta di rimanere in un ruolo o passare all’altro è regolata dalla legge, ma non esiste una separazione netta tra chi accusa e chi decide.
Il progetto di separazione delle carriere propone di creare due carriere completamente distinte: una per i pubblici ministeri, che rappresentano l’accusa, e una per i giudici, che emettono le sentenze. L’obiettivo dichiarato è garantire maggiore imparzialità e trasparenza. Chi sostiene questa riforma ritiene che sia fondamentale per rafforzare il principio del giusto processo: un giudice deve essere equidistante sia dall’accusa sia dalla difesa, e separare le carriere ridurrebbe il rischio di influenze tra i due ruoli.
Il tema è controverso perché tocca equilibri delicati. I critici della riforma temono che separare le carriere possa indebolire l’indipendenza della magistratura. In particolare, c’è il timore che i pubblici ministeri, separati dai giudici, possano diventare più vulnerabili alle pressioni politiche. Questo perché, in molti modelli in cui le carriere sono separate, i pubblici ministeri dipendono gerarchicamente dal Ministero della Giustizia, e non da un ordine autonomo come avviene in Italia.
D’altra parte, i sostenitori della separazione guardano al modello di alcuni Paesi europei, come la Francia, dove le carriere sono distinte. Tuttavia, in questi sistemi, ci sono specifiche garanzie per tutelare l’autonomia dei pubblici ministeri, che in Italia mancano.
In Europa non esiste un unico modello, ma molti Paesi prevedono la separazione delle carriere. Per esempio, in Germania e Spagna, i pubblici ministeri dipendono dall’esecutivo, ma questo non compromette necessariamente la loro indipendenza grazie a un sistema giuridico e culturale che tutela il ruolo del magistrato. In Italia, invece, la separazione delle carriere viene percepita da alcuni come un rischio per l’autonomia, perché si teme che il pubblico ministero possa diventare troppo “politicizzato”.
La separazione delle carriere è una questione complessa che va oltre la tecnica giuridica, toccando il cuore del rapporto tra poteri dello Stato. Mentre il confronto continua, è importante garantire che qualunque riforma venga proposta sia accompagnata da strumenti che tutelino sempre e comunque i principi costituzionali, come l’indipendenza della magistratura e il diritto a un processo equo.